Play – videogame arte e oltre 

Tra carta e digitale è la rubrica di Giulia Natale che esplora la biblioteca del futuro, tra storie fatte di carta e di pixel!


Se è ragionevole aderire alla tesi dello storico olandese Johan Huizinga che nel suo saggio Homo Ludens sostiene che il gioco è la base (e alla base) della civiltà umana, è altrettanto ragionevole sostenere che la mostra Play – videogame arte e oltre – ora in corso alla Reggia di Venaria, non potesse trovare luogo più adatto e simbolico in cui essere allestita; una residenza che è stata scenario dei reali e della loro corte, circondata da boschi per cacciare, giardini con fontane per intrattenere fra balli, spettacoli e giochi d’acqua, per relazionarsi discutendo di politica e che poi, nel tempo, è stata caserma per addestramenti militari, e oggi ambiente di condivisione cittadina ed espressione di cultura con esposizioni e mostre. Tutto quello che, in sintesi, troviamo raccontato nel mondo dei videogiochi, la vita, la guerra, le relazioni. 

Quest’anno la monumentale Reggia celebra quindici anni dal restauro e dalla riapertura al pubblico (io la ricordo bene, disastrata e cadente) e ne conta venticinque da quando è stata dichiarata, con altre Residenze Reali Sabaude, Patrimonio Mondiale dell’Umanità UNESCO. Una buona ragione per incoronare il 2022 “anno tutto da giocare”

Io non sono mai stata una grande giocatrice per cui ciò che mi ha spinto a visitare questa mostra dal titolo inequivocabile, è stata la curiosità di scoprire quale forma i curatori (Guido Curto direttore delle Residenze Reali Piemonte e Fabio Viola, navigato e creativo videogame designer) avrebbero scelto per rappresentare un linguaggio contemporaneo trasversale che conta 3 miliardi di persone nel mondo e per indagarne la tensione divulgativa. 

Ma soprattutto, cosa si può trovare di interessante per una didattica innovativa e contemporanea per quest’anno scolastico?

La domanda in fondo è questa. 

È una mostra sulla storia di un linguaggio che è parte rilevante del mondo attuale, della quotidianità dei ragazzi, della loro esperienza di formazione, pertanto credo che, per creare un rapporto di dialogo con loro, non si possa prescindere dalla conoscenza delle “basi” e della “grammatica” di questo linguaggio.
È un mondo dai contenuti molto diversi, fitto di declinazioni, suggestioni e agganci all’attualità. Attraverso la condivisione di un videogioco in classe si può arrivare a parlare di temi duri e impegnativi che riguardano la collettività così come la dimensione individuale. Le pubblicazioni ci sono, ed è bello pensare di poterle inserire nella didattica, scavalcando talvolta noia e distrazione. 

Dal secondo piano della Reggia (lo dico perché la prospettiva sui giardini ha un valore architettonico e naturalistico), la mostra attraversa decenni di arte in dodici sale, fra tecnologia, materia, concetti, suono, luce.  In apertura ci mostra un vaso di epoca ellenistica a due anse e l’associazione alla grafica del videogioco Apotheon e ci trasporta istantaneamente indietro nel tempo come a dichiarare l’obiettivo dell’intero percorso espositivo: viaggiare nello spazio e nelle contaminazioni estetiche e artistiche. La proposta è l’offerta di connessioni tra l’Arte del passato e questa nuova decima Arte, verso un’Arte del futuro. I grandi maestri delle Arti si affacciano qui dando il brivido di un’orma che riconosciamo nei tanti videogiochi per ricordare che le culture e le Arti stesse non vivono se non calate nel tempo, amalgamate fra loro nella società e nella continua contaminazione l’una delle altre. 

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Copertina videogame Florence per Android


Riconoscere le atmosfere nella tela (1914) di De Chirico per l’ispirazione per ICO, trovare le tavole dell’Inferno di Gustave Dorè per Diablo IV, collegare La grande onda di Kanagawa di Hokusai (1834) al gioco Okami (2006). È tutto un rimbalzo fra arti figurative e gioco, travolti da Piranesi, Kandinskij Warhol, Calder, Banksy, Alberto Savinio e i “loro” videogiochi, Gris, Monument Valley, Rez, Pokémon e l’opera digitale di Federico Clapis. 
L’allestimento è ricco di sorprese e chicche, e prosegue con la narrazione e l’esplorazione dei protagonisti di un’industria che si è inventata una forma di intrattenimento acuta fra produzioni ad alto budget e delicate produzioni indie (per chi avesse seguito i miei laboratori di Creatività Digitale, c’è la tanto amata Florence (IOS e Android). Fra tele, monitor, video-interviste, console per sperimentare, installazioni, postazioni con cuffie per l’ascolto delle colonne sonore, abitacoli per giocare… il materiale è vasto, irresistibile. 

Sebbene l’effetto possa risultare di spaesamento per chi non sia un conoscitore esperto, in verità, io ho avuto la sensazione di sentirmi sempre accompagnata attraverso le sale nello svelamento, grazie a brillanti didascalie e succulenti podcast con QR code in ogni sala, per approfondire i contenuti. 
Gli spunti didattici sono ovunque, dal dibattito sulla natura del gioco e del videogioco alla riflessione sui materiali in cui siamo immersi, l’architettura dello spazio fisico e dello spazio digitale: legno, mattoni, vetro, schermi, tele, tele digitali, specchi, metalli della scultura di Calder e del collettivo AES + F, la natura e i fiori nei videogiochi e fuori dalle grandi finestre. 
La mostra si conclude con tre stanze del Tempo, arredate molto diversamente: la stanza del passato per ricordare (e sostare con nostalgia ludica), del presente per sentirsi a casa, del futuro per immaginare e… uscire con una voglia ben radicata di scoprire i nuovi linguaggi immersivi delle narrazioni dinamiche. 
Play – videogame arte e oltre è lì fino al 15 gennaio 2023 e aspetta ragazze e ragazzi dalla secondaria di primo grado, aspetta la Scuola, per continuare a insegnare e apprendere da nuovi mondi. 
 
 

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