WEBINAR: Educational Responses to COVID-19 – VERSIONE ITALIANA

*A oggi, 4 maggio 2020, le scuole italiane sono chiuse da più di due mesi a causa delle misure rese necessarie dalla pandemia COVID-19. Metà della popolazione globale è in lockdown e 73.5% di tutti i discenti studiano lontani dalle loro scuole. Il virus ha già causato quasi 29.000 morti solo in Italia.

Momenti di crisi come quelli che stiamo vivendo ora ci ci rendono confusi, incerti, dubbiosi, inermi. Non potendo controllare gli eventi, cerchiamo almeno di capirli, tessendo e ritessendo nuove ipotesi e schemi interpretativi su quello che ci sta accadendo, come se dare nomi alle cose contribuisse a levigarle.

La Fondazione per la Scuola della Compagnia di San Paolo ha passato gli ultimi 3 anni a implementare il progetto Riconnessioni, che ha coinvolto tutte le scuole primarie e secondarie di primo grado di Torino e della sua prima cintura (350 plessi) in un radicale percorso di innovazione didattica, tecnologica e infrastrutturale. Il lavoro di questi anni ha sicuramente aiutato i docenti del nostro territorio a trovarsi più preparati di altri alla didattica da remoto ma la gravità della prolungata chiusura delle scuole ci spinge a riflettere sulla natura dei nuovi problemi che ci troviamo ad affrontare e su quale possa essere il ruolo di una fondazione filantropica nel sostenere il sistema educativo in questo momento così difficile. Cercherò di riassumere in questo articolo lo stato dei nostri pensieri a riguardo.

Nonostante le scuole siano chiuse, l’insegnamento e l’apprendimento sopravvivono, grazie all’incredibile sforzo di docenti, dirigenti scolastici, discenti e famiglie per portare avanti la didattica anche a distanza. L’intraprendenza e la resilienza di docenti e dirigenti permette alla scuola di mantenere almeno parzialmente in vita la missione educante della scuola, ma le possibilità limitate dalle costrizioni attuali rendono paradossalmente più visibili tutti quegli aspetti della scuola che la distanza sembra impedire di replicare.

A cosa serve la scuola? Per lo scopo di questo articolo, mi concentrerò solo su due delle sue funzioni principali, riflettendo successivamente su come queste possano essere mantenute a distanza e, infine, su quale possa essere il ruolo della nostra Fondazione o di altre simili per aiutare le scuole a continuare a esercitarle.

La scuola è il posto dove dove le bambine e i bambini vengono per acquisire competenze e conoscenze. La scuola è anche la comunità a cui appartengono, dove si incontrano, dove trovano cura, conforto, dove si confrontano e imparano a stare insieme.

Delle due funzioni, la prima è certamente più verosimile da replicare a distanza ed è lì che vediamo concentrati gli sforzi dei nostri docenti. A questo scopo, docenti stanno ricorrendo a tecnologie di broadcasting (Skype, Zoom, Google Hangouts, etc.) per proporre ai ragazzi videolezioni attraverso classi virtuali (Google Classroom, Edmodo, WeSchool, etc.). Molti docenti avevano già familiarità con questi strumenti ma non erano stati mai dispiegati in modo così universale fino a ora.

Le chat, le videochiamate e le classi virtuali permettono a docenti e discenti di continuare a lavorare insieme anche se distanti. Questo non sarebbe stato possibile prima della diffusione nel corso dell’ultimo decennio di tecnologie educative gratuite e facili da usare . Ciononostante, l’apprendimento remoto comporta alcune limitazioni su cui è giusto essere onesti e consapevoli:

  • Non tutti i docenti dispongono della dotazione tecnologica, della rete e della formazione necessaria per gestire una classe virtuale e la produzione e distribuzione di videolezioni. Lo stanziamento di risorse per gli strumenti e le piattaforme digitali previsto dal DPCM del 17 marzo è sicuramente un importante passo in questo senso.
  • Non tutti gli studenti hanno lo stesso accesso ai dispositivi e alla rete e l’impatto della didattica a distanza sulla povertà educativa non è solo un problema di connessione alla rete. Come evidenziato dal Forum Diseguaglianze e Diversità, la didattica da remoto impatta negativamente soprattutto gli studenti più socio-economicamente svantaggiati, indipendentemente dalla disponibilità di una connessione Internet. Detto ciò, i dati ISTAT del 2019 ci dicono che solo il 76,1% delle famiglie italiane dispone di un accesso a Internet e il 74,7% di una connessione a banda larga. Gli 85 milioni di euro previsti dal sopraccitato DPCM potranno rappresentare un importante strumento per raggiungere il 25,3% degli esclusi.
  • Per la didattica a distanza, oltre a device e connessione, soprattutto con i più piccoli, occorrono anche spazi adeguati, ma soprattutto l’aiuto delle famiglie che debbono essere nelle condizioni (a esempio non impegnate fuori casa per lavoro) ed essere capaci di mediare tra le richieste degli insegnanti e i bambini: essere capaci di accompagnare nella fruizione delle lezioni e nel comprendere le consegne di maestre e professori, essere soprattutto capaci di rafforzare l’autonomia dello studente nel suo percorso di apprendimento. Un tema su cui la didattica a distanza mette in evidenza una difficoltà profonda della scuola.
  • Le videolezioni rischiano di essere molto simili a lezioni frontali in classe ma peggio: più noiose, ancora meno interattive. La socializzazione dell’apprendimento (collaborazione tra pari, confronto non solo con il docente ma tra allievi) e l’imparare facendo (non semplicemente ascoltando e assorbendo informazioni), così centrali nell’acquisizione di competenze e conoscenze, diventano note a margine di una pedagogia che per necessità si trova trasportata a un secolo fa.

Sulla funzione comunitaria della scuola, sembra ci sia poco da fare. Sicuramente garantire la continuità didattica attraverso videolezioni e regolari incontri online può dare un senso di vicinanza, ma siamo lontanissimi dall’idea di comunità a cui la scuola aspira. Se viene a mancare la capacità della scuola di essere una comunità fisica e tangibile, sono soprattutto gli alunni più fragili a soffrirne: quelli che hanno bisogno di sostegno specifico; quelli con difficoltà di apprendimento; quelli che vivono in famiglie svantaggiate o problematiche.

I divari tendono a crescere. Sia quelli tra le scuole più formate, più organizzate, più dotate di dispositivi tecnologici e che di più hanno abituato i loro studenti alla laboratorialità, a essere autonomi nei loro percorsi di apprendimento e le scuole che insistono su territori più problematici che molto spesso sono in maggiore difficoltà, sia quelli interni alle classi che tra chi ha a casa disponibilità tecniche e famiglie acculturate e chi è invece in condizione di povertà educativa.

La chiusura prolungata delle scuole, resa necessaria dall’emergenza Coronavirus, sta causando danni gravi ma la cui portata è ancora difficile da stimare. Pensiamo all’impatto che l’attuale sospensione sta avendo sugli apprendimenti delle bambini e dei bambini, sul loro benessere fisico e mentale, sulla loro socializzazione, sulla coesione della comunità educante. Una migliore comprensione di questi danni sarà necessaria per dirigere i nostri sforzi una volta superata la fase acuta della crisi sanitaria.

In fondo le difficoltà che osserviamo non ci sono nuove. L’eccessiva dipendenza dalla didattica frontale, la povertà educativa e la difficoltà a garantire adeguatamente il benessere dei bambini più fragili sono problemi cronici che l’attuale crisi rende più gravi e più visibili.

Contro questi problemi, continueremo a lavorare come abbiamo sempre fatto, confrontandoci con i docenti e i dirigenti, supportandoli, fornendo un megafono a chi sta sviluppando soluzioni efficaci e stimolando il dibattito.

A partire dal 4 marzo abbiamo organizzato almeno 5 webinar alla settimana, con l’obiettivo di sostenere i docenti nella didattica a distanza e i dirigenti nella gestione di questa emergenza. A questi webinar, 30 fino a oggi, hanno preso parte più di 44.000 partecipanti con una media di oltre 1.500 persone che ogni giorno si connettono con Riconnessioni. In questi incontri abbiamo dato voce a più di 60 docenti e formatori con cui collaboriamo e raccolto più di 15.000 domande; diffondendo buone idee e fornendo supporto anche nelle sfide più prosaiche, come l’apertura e la gestione di una classe virtuale.

Queste azioni sono necessarie ma insufficienti per contrastare i disagi legati strettamente all’emergenza attuale e l’acuirsi di ineguaglianze strutturali già note a chi si occupa di scuola e povertà educativa.

Consci dell’inevitabilità di un forte impatto negativo della crisi sugli studenti più svantaggiati lavoriamo su due fronti: sostenendo i docenti che si trovano oggi nelle prime linee della didattica a distanza; studiando le soluzioni progettuali da implementare in previsione della riapertura, parziale o completa, delle scuole.

Per progettare i nostri interventi futuri, sarà necessario cercare di rispondere alle seguenti domande:

  • Come e quando possiamo avere un quadro più preciso dell’impatto della chiusura delle scuole sugli apprendimenti degli studenti più svantaggiati?
  • Quali sono le azioni che possiamo compiere oggi che manterranno la loro rilevanza e il loro valore una volta che le scuole avranno riaperto?
  • Cosa possiamo fare, a partire da ora, per assicurarci che gli studenti che saranno rimasti più indietro a causa delle chiusure possano recuperare una volta che le scuole avranno riaperto?

Crediamo che per rispondere a queste domande possa essere di grande valore il confronto e il dialogo con istituzioni internazionali vicine alla nostra, coinvolte come noi nell’elaborazione e implementazione di risposte per il sostengo al mondo dell’istruzione.

Per questo, abbiamo invitato alcune e alcuni dei nostri collaboratori più vicini a ragionare insieme sulle nostre risposte presenti e future al COVID-19. Questo confronto avrà luogo in un webinar dal titolo Educational Responses to COVID-19, aperto al pubblico, con la partecipazione dei seguenti ospiti:

Il webinar si terrà in lingua inglese e avrà luogo il 14 maggio, dalle 15:30 alle 17:30. La partecipazione al webinar è gratuita, previa registrazione qui!

Le crisi segnano lo spartiacque tra un prima e un dopo. Crediamo che questo dopo possa e debba diventare il teatro di una riflessione che vada oltre la didattica a distanza e le misure emergenziali, per unire la comunità educante nella costruzione di un nuovo paradigma socio-educativo. L’aumento della penetrazione delle tecnologie nella didattica potrebbe rappresentare un primo punto di partenza verso una maggiore personalizzazione degli apprendimenti e l’innovazione della didattica, a patto che ciò sia un pezzo di un puzzle più grande: la costruzione di un sistema educativo realmente in grado di tirare fuori il meglio da ciascuno.

Siamo consci della natura caotica della situazione attuale e questa consapevolezza ci guida nell’appoggiarci alla risorsa più flessibile e creativa di cui disponiamo: i nostri docenti. Consigliamo a Fondazioni che si occupano di istruzione di fare lo stesso e di catalizzare i loro sforzi soprattutto nella direzione della lotta alla povertà educativa, così esacerbata dagli ultimi avvenimenti.

* Una versione di questo articolo è apparsa su Tuttoscuola

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